09 Novembre 2018

Timorasso, un vitigno, un territorio, una storia

La degustazione dello scorso 25 ottobre è stata sorprendentemente vivacizzata, oltre che dai notevolissimi vini presentati, anche dal bizzarro e riuscito affiatamento dei due conduttori: alla calma serafica e imperturbabile e alla preparazione tecnica del Sommelier e Direttore di Corso Attilio Toffolo, infatti, si è affiancata la verve difficilmente arginabile di Walter Massa, istrionico ed anarchico “Padre del Timorasso”. Ne sono risultati momenti ed accenti ritmati e variamente animati, che hanno arricchito storie, illustrazioni ed aneddoti.


Walter Massa è l’uomo che ha il merito di aver scoperto, o riscoperto, che il tortonese, situato nella zona sud-orientale del Piemonte, è terra di vini bianchi, oltre che di rossi come tradizionalmente si riteneva. Parlare di Timorasso, oggi, significa del resto andare automaticamente con la mente al suo riscopritore ed artefice.
Il Timorasso, piccolo vitigno autoctono a bacca bianca, per di più proveniente da una zona vinicola marginale, ha vissuto un lungo periodo di oblio, tanto da aver rischiato di sparire completamente. Negli anni ’80, invece, grazie alla caparbietà di Walter Massa e altri pochi produttori, è tornato alla ribalta affermandosi come uno dei bianchi più interessanti del Piemonte e dell’intero panorama enologico nazionale.
Viene coltivato in provincia di Alessandria fin dall’antichità. Se ne parla già nel “Trattato di Agronomia” di Pietro de’ Crescenzi nel XIV secolo e nel “Bollettino Ampelografico” del Di Rovasenda nel 1885.
Ha sempre dimostrato scarsa adattabilità a condizioni climatiche diverse da quelle della regione di origine ed ha trovato la sua sede d’elezione in particolare nelle vallate Curone, Grue, Ossona e Borbera nei Colli Tortonesi. Ama i terreni argillosi, con buona componente calcarea e predilige esposizioni soleggiate e ventilate. La produttività è incostante ed il vitigno risulta molto sensibile ai marciumi. Durante le ultime fasi della maturazione, inoltre, gli acini possono essere attaccati da muffe.
Queste caratteristiche hanno fatto sì che, nel corso dei secoli, il timorasso sia stato quasi completamente abbandonato, a favore delle uve a bacca rossa più produttive e meno delicate. Dopo le devastazioni causate dalla fillossera il timorasso venne quasi completamente sostituito dal cortese, più facile da coltivare e con rese maggiori.
Negli anni ’80, quando si riprese a coltivare il timorasso, le prime produzioni furono di poche migliaia di bottiglie. Oggi si contano circa trenta produttori e la superficie coltivata si estende per circa 120 ettari su un totale di 2000 nei Colli Tortonesi. Vengono prodotte circa 400.000 bottiglie annue.
Il timorasso dà vita a uve piuttosto neutre, che producono un vino di grande struttura, capace di sviluppare aromi inimitabili. Il colore è solitamente giallo paglierino. Sviluppa eleganti toni floreali, mandorlati e una piacevole sapidità. Al gusto regala profonde note minerali e di pietra focaia, spesso accompagnate da sentori resinosi e di idrocarburi. La spiccata acidità conferisce al vino freschezza e longevità. L’evoluzione in bottiglia favorisce aromi terziari più eleganti e complessi, con prevalenza di toni minerali e di idrocarburo. Il tempo gioca a favore del timorasso.
Nel corso della serata sono stati presentati e degustati i seguenti vini:
“Sant’Alberto 2016”, Renato Boveri: giallo dorato intenso, cristallino. Sentori di ananas, pompelmo e fiori gialli con sfumature minerali. Bocca piena, elegante, intensa ed equilibrata, con buona rispondenza tra sensazioni olfattive e gustative.
“Il Montino 2015”, La Colombera: limpido, giallo dorato intenso. Odori fruttati (pesca) e floreali (fiori di acacia, biancospino); miele, note di idrocarburi; intenso e complesso. Caldo, morbido, secco; alcolico, senza spigoli, equilibrato, molto persistente.
“Derthona Lithium”, Andrea Tirelli: colore giallo paglierino intenso, al naso profumi caratteristici e fragranti che ricordano la frutta a polpa gialla, con note floreali e agrumate. In bocca sapido, minerale e fresco, di buon corpo, molto persistente.
“Pitasso 2012”, Claudio Mariotto: 13% Vol., giallo paglierino, limpido. Profumo intenso con note di fiori e frutta bianca, pietra focaia. Sapore intenso con sentori minerali, di camomilla, noci e mandorle in fin di bocca.
“San Vito 2011”, Valli Unite: giallo paglierino con riflessi verdognoli, brillante. Intensamente aromatico con note di frutta matura, floreali e minerali. Al palato morbido, polposo, carico, genuino. Fresco e sapido, con un finale ammandorlato.
“Sterpi 2010”, Walter Massa: giallo paglierino intenso, potente ed elegante allo stesso tempo. Mineralità con sentori di grafite e di idrocarburi. Grande equilibrio tra maturità dei frutti, salinità, sfumature aromatiche floreali e acidità, corpo teso, con spiccata personalità.
“Martin 2003”, Franco Martinetti: di colore giallo dorato ha profumo intenso e delicato: sambuco, borotalco, mandorla, pera e vaniglia. Al palato intenso e secco, speziato, con un finale di crosta di pane.
“Martin 2000 Magnum”, Franco Martinetti: rispetto alla bottiglia precedente il colore si è fatto leggermente più ambrato, ma rimane molto limpido. Il finale di crosta di pane si è ammorbidito e ricorda la piccola pasticceria, emerge al naso più netta la nota di idrocarburo.

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